venerdì 31 gennaio 2014

INSIDIA STRADALE

In tema di danno da insidia stradale, il solo fatto che sia dimostrata l’esistenza di una anomalia presente sulla strada è di per sé sufficiente a far presumere sussistente la colpa dell’ente proprietario, il quale potrà superare tale presunzione solo dimostrando che il danno è avvenuto per negligenza, distrazione od uso anomalo della cosa da parte della stessa vittima. (Cass., sez. III, 13-07-2011, n. 15375)

mercoledì 29 gennaio 2014

IL DANNO DA SPAM

Lo spam - o spamming - consiste nell'invio di messaggi indesiderati a contenuto generalmente commerciale. La principale forma di spam si manifesta tramite l'invio di e-mail. 
Lo spamming consente un immediato vantaggio economico, dato che gli inserzionisti non hanno alcun tipo di costo di gestione, se non quello legalo alla gestione delle mailing list (illegittimamente acquisite). 


Il fenomeno, un tempo molto circoscritto, negli ultimi anni ha assunto delle proporzioni preoccupanti e, pertanto, necessita sempre più di essere contrastato  - o almeno contenuto - visto che, oltre a creare evidenti seccature per gli utenti, può anche provocare gravi problemi di sicurezza. Difatti, non solo le mail indesiderate spesso sono ideali veicoli per la trasmissione di pericolose infezioni virali, ma la loro mole eccessiva può portare ad un sovraccarico dei sistemi (DoS - Denial of Service) tale da impedire la circolazione dei messaggi di posta elettronica legittimi e del traffico di rete.

Da un punto di vista legislativo, la disciplina italiana (in recepimento della direttiva n. 2002/58/CE) concernente l'invio di posta elettronica a fini commerciali è disciplinata dall'art. 130 del Codice della Privacy che, seppur rubricato "Comunicazioni Indesiderate", si applica anche alle comunicazioni "non richieste". La norma in oggetto prevede la possibilità di effettuare comunicazioni avvalendosi di dati personali solo dopo aver ottenuto il consenso del soggetto interessato (cd. opt-in). La pratica dello spamming può dirsi lecita soltanto qualora l’interessato abbia fornito le proprie coordinate di posta elettronica nell’ambito di un rapporto di natura economica fra il futuro mittente ed il futuro destinatario di comunicazioni elettroniche non sollecitate.
Ed anche in questo caso tale spamming può essere ritenuto lecito soltanto se, al momento della raccolta, l’interessato sia stato informato della possibilità di poter ricevere in futuro nuove informazioni pubblicitarie per reclamizzare servizi o prodotti analoghi a quelli oggetto del precedente rapporto, e sempre che l’interessato non si sia preventivamente (o successivamente) opposto a tale invio.
E' compito del Garante della Privacy vegliare sul rispetto delle suindicate disposizioni e disporre l'irrogazione delle relative sanzioni.

Tuttavia, negli ultimi anni è diventato sempre più frequente il ricorso alla giustizia civile per ottenere il risarcimento del "danno da spam", da intendersi come danno causato dal dispendio di tempo e di energie per invitare lo spammer a non inviare ulteriori messaggi, oltre al danno causato dalle interferenze indesiderate nella sfera privata.

Molto interessante a riguardo è una sentenza del 17.02.2007, con cui il Giudice di Pace di Napoli, in accoglimento del ricorso promosso da un consumatore (destinatario di posta elettronica indesiderata) contro una banca di rilevanza nazionale, ha disposto il blocco dell’utilizzo dei dati personali del ricorrente da parte della società, condannandola al pagamento di euro 1.000 per risarcimento danni e di euro 830,00 per le spese legali sostenute al fine di far valere i propri diritti. Nella medesima sentenza, il Giudice di Pace ha affermato che la semplice presenza di un indirizzo di posta elettronica in rete non lo rende pubblico e utilizzabile senza il consenso dell'interessato e, inoltre, ha individuato il danno risarcibile "negli inconvenienti creati dalle perdite di tempo, nella tensione derivante dalle interferenze nella sfera privata, dalle interruzioni delle proprie abitudini e dall'alterazione della serenità necessari per svolgere l'attività lavorativa".

Altra importante sentenza, questa volta del Tribunale di Latina, concerne lo spam tramite sms. Anche in questo caso il giudice ha individuato le stesse categorie di danno (perdita di tempo, tensione, alterazione delle proprie attività) e ha condannato lo spammer a risarcire la somma di mille euro per ogni sms inviato al ricorrente non consenziente.

In conclusione, la legge fornisce molti strumenti per difendersi dallo spam, dalla procedura dinanzi al Garante della Privacy, preordinata all'interruzione dell'attività illegittima, al ricorso all'Autorità giudiziaria ordinaria, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

giovedì 16 gennaio 2014

C’è da fidarsi di Tripadvisor?

Tripadvisor è nato come luogo virtuale per agevolare i viaggiatori e consentire loro di condividere esperienze e consigli. Nel tempo però la sua forza di suggestione ha creato delle forti distorsioni: infatti oggi la web reputation vale molto e gli operatori turistici onesti si trovano a dover lottare contro recensioni negative false mentre quelli più spregiudicati non esitano a far pubblicare commenti di elogio altrettanto falsi.
Il problema, si sa, risiede nel fatto che il sito non si assume la responsabilità di quanto pubblicato né richiede che il commentatore dia prova di aver realmente fruito del servizio, magari mediante l’esibizione di una ricevuta o scontrino. A questa constatazione che molti di noi avranno già formulato, si aggiunge una notizia pubblicata da diverse fonti sul web.


Pare che Tripadvisor offra agli operatori  un servizio a pagamento grazie al quale si viene inseriti in una  “business list ”in modo che del proprio esercizio sia pubblicato ANCHE il numero di telefono, fax ed il link al proprio sito ufficiale.
L’adesione è ovviamente libera ma il non accettare significa che Tripadvisor non farà più nulla: non si viene cancellati ma non c’è più upgrade e le nuove segnalazioni non vengono indicate. Coincidenza curiosa, poi, che gli esercenti presenti nella business list abbiano spesso un rating migliore e cercando, invece, tra quelli che non hanno aderito, i primi commenti ad apparire siano quelli negativi.

Altra interessante vicenda si lega ad una recente decisione dell’Autorità Tedesca Antitrust, il Bundeskartellamt, secondo cui la clausola del “miglior prezzo” (anche detta parity-rate), imposta dalle agenzie di prenotazione on line  agli alberghi, costituisce una violazione della libera concorrenza e quindi ne ha ordinato la cancellazione dal 1 marzo 2014.
Gli alberghi quindi potranno offrire sul proprio sito un prezzo inferiore di quello pubblicato sulle OTAs (Online Travel Agency, cui devono riconoscere una commissione).

Questo rappresenta sicuramente un vantaggio per il viaggiatore ma dietro a questa possibilità si può nascondere un’insidia che può distorcere comunque il mercato.

Oggi, infatti, in maniera sempre più evidente la  pubblicità delle strutture di accoglienza turistica  avviene attraverso siti come Tripadvisor che come già detto offre servizi a pagamento per “migliorare” la collocazione dell’operatore che paga, indipendentemente dal livello reale del trattamento offerto ai consumatori.
Il risultato dell’eliminazione della parity-rate potrebbe, dunque, tradursi in un enorme aumento del business per Tripadvisor al quale potrebbero aderire un numero sempre più ampio di strutture turistiche attratte dalla possibilità di poter offrire una tariffa più vantaggiosa su questo canale a scapito delle OTAs. Ma aderire all’area business di Tripadvisor significa anche pagare grosse somme per i pay-per-click e per attivare il profilo aziendale che da accesso alla piattaforma.

In conclusione, Tripadvisor non rappresenta più un semplice sito di condivisione di esperienze ma crea intorno a sè un gran giro di soldi ed interessi che spesso mal si concilia con verità e trasparenza.
Alla luce di quanto detto non stupisce che in diversi Paesi, come Francia, Usa e Inghilterra, siano state avviate svariate azioni legali contro Tripadvisor, alcune con richieste risarcitorie addirittura milionarie.



domenica 8 dicembre 2013

DANNO DA VACANZA ROVINATA

Si configura, a carico dell’organizzatore, un inadempimento del contratto di viaggio «tutto compreso» nell’ipotesi in cui la struttura alberghiera prenotata nel pacchetto turistico presenti deficienze non segnalate nel dépliant richiamato nel contratto e la struttura alternativa, dove il turista abbia soggiornato per alcuni giorni, sia qualitativamente inferiore alla prima.
TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza, 18-02-2013

lunedì 25 novembre 2013

DIFENDERSI DA UN MUTUO USURARIO !

Il tema dei mutui e soprattutto del tasso di interesse è sempre di fondamentale importanza per i consumatori ed una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, la sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013, ha, finalmente, sancito con chiarezza che “ai fini dell'applicazione dell'art. 644 del codice penale e dell'art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi a titolo di interessi moratori".

I Giudici della Suprema Corte ribadiscono così un concetto già espresso in diverse occasioni, confortato anche dalla Corte Costituzionale (sent. N. 29 del 25.02.2002), nonostante la Banca d'Italia continui ad escludere il tasso di mora ai fini del calcolo del TEG medio (def.: Tasso Effettivo Globale è il tasso medio che esprime il costo effettivo del mutuo tenendo conto di tutte le spese, commissioni e di possibili tassi di ingresso o promozionali).

In termini pratici la decisione della Corte significa che il raffronto tra TEG e Tasso Soglia (ovvero il limite usura che non deve essere superato dall'istituto di credito e che è stabilito trimestralmente dalla Banca d’Italia) deve tener conto di TUTTE le somme richieste dall’ente creditore a titolo di spese, penali, commissioni,  interessi di mora, ecc..

La conseguenza di tale determinazione è che, in caso di applicazione delle penali pattuite per situazioni di insolvenza o di ritardati pagamenti, qualora il quantum risulti superiore rispetto ai limiti del tasso usura, diventa molto più facile far valere i propri diritti verso le banche e quindi contestare l’applicazione di un interesse illegittimo.
Nel momento in cui il tasso d’interesse diventa usurario, il mutuatario ha a sua disposizione diversi strumenti di difesa:
  • Chiedere il rimborso delle somme illegittimamente incassate;
  • Bloccare eventuali azioni giudiziali già intraprese dalla banca;
  • Contestare l’addebito di futuri interessi calcolati in maniera illegittima;
  • Rinegoziare la rata del mutuo
Non bisogna dimenticare, infatti, che ai sensi dell’art. 1815, comma 2°, c.c. "se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi".
Dato che in caso di “difficoltà di dialogo” con le banche sono i giudici a decidere, si tenga in considerazione come ha deciso la Corte d’Appello di Venezia sentenza n° 342 del 18 Febbraio 2013: “L’articolo 1815, comma 2 c.c. esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni pecuniarie e pertanto la previsione di nullità della clausola di debenza degli interessi è applicabile a qualsiasi somma richiesta a tale e quindi anche nel caso d’interessi moratori. La conseguenza della violazione dell’art. 1815, comma 2, c.c. è la conversione forzosa del mutuo usurario in mutuo gratuito.”
Detto ciò, difendersi da un mutuo usurario non è soltanto possibile ma una concreta realtà!

mercoledì 20 novembre 2013

ANCHE LA TRUFFA E' BIO

Allevamenti cresciuti a colpi di ormoni, olio deodorato e colorato, frutti di bosco affetti da epatite A, mucca pazza, maiali alla diossina. Sono solo alcuni esempi dei ripetuti scandali alimentari che hanno spaventato la popolazione. Scandali che hanno favorito l'exploit di un mercato che un tempo era solamente di nicchia, ma che ormai sta conquistando un pò alla volta gli scaffali di tutti i negozi: il mercato biologico. 


A fronte di una sempre maggiore sofisticazione dei prodotti alimentari, il biologico offre un maggiore garanzia di sicurezza, in quanto non prevede l'utilizzo di ormoni, pesticidi, prodotti di sintesi e organismi geneticamente modificati. 
Inoltre, l'agricoltura biologica considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati e promuove la biodiversità dell'ambiente in cui opera. 
Dunque un prodotto biologico dovrebbe dare una maggiore garanzia di sicurezza per la salute dell'uomo e dell'ambiente, soprattutto alla luce del fatto che la normativa di riferimento è molto rigida e i controlli dovrebbero essere molto severi. 

Tuttavia, le frodi alimentari non risparmiano nemmeno questo settore. Anzi, con la maggiore diffusione del mercato biologico, sono aumentati a dismisura anche i casi di "bio truffa".
Dall'inizio dell'anno il Nucleo Antifrode dei Carabinieri ha sequestrato in tutta Italia oltre due milioni di finte etichette biologiche e confezioni “ingannevoli” e più di 77 mila prodotti agroalimentari. La Guardia di Finanza, invece, ne ha ritirati dal mercato circa un milione in un anno. Tonnellate di mais, soia e olio di colza provenienti da Ucraina, India, Turchia, spacciati come biologici ma contaminati da un pericolosissimo pesticida che danneggia la salute umana e animale (il clormequat, cioè cloruro di clorocolina, che può provocare nausea, vomito e mal di testa); organismi di certificazione senza scrupoli che falsificano le analisi chimiche per dichiarare bio prodotti quasi tossici. 

Le truffe vengono effettuate tramite la falsificazione delle etichette, l'apposizione di sigle che attestano la provenienza di alimenti per cui in realtà non c'è alcuna tracciabilità, nè si sa dove e come siano stati prodotti e la violazione delle più elementari norme igienico sanitarie (incluso l'utilizzo di agenti chimici vietati dalla normativa sull'agricoltura bio).

Ovvi gli scopi dei "biotruffatori": ingannare i consumatori, i quali acquistano a prezzi elevati prodotti di valore molto scadente, e accaparrarsi i finanziamenti europei elargiti per favorire l'agricoltura biologica. 

In attesa di una normativa più restrittiva (già in elaborazione presso l'Unione Europea) che argini tale dilagante fenomeno, come difendersi da queste truffe? L'unica arma a disposizione dei consumatori è l'acquisto più consapevole: comprare il più possibile prodotti a filiera corta, sicuramente più freschi ma anche più facilmente rintracciabili, e affidarsi alle catene di distribuzione più sicure. Ma soprattutto evitare il più possibile acquisti on line (è proprio la rete il palcoscenico della maggior parte delle truffe), a meno che non si tratti di un venditore certificato ed affidabile.

martedì 29 ottobre 2013

BENI PROGETTATI PER ROMPERSI: L' OBSOLESCENZA PROGRAMMATA

Vi è mai capitato che un elettrodomestico o un televisore o un cellulare si siano rotti  improvvisamente proprio alla scadenza della loro garanzia? Sfortunata coincidenza? Purtroppo no, in quanto è ormai accertato che le aziende producano beni destinati a durare poco più del periodo di garanzia, al fine di spingere l'acquirente a comprare il modello successivo.

Recentemente due ricercatori tedeschi, Stefan Schridde e Christian Kreis, hanno svolto una ricerca i cui risultati sono stati davvero sorprendenti. Gli scienziati sono partiti dallo studio di sospetti casi di obsolescenza anticipata, dimostrando che la stessa non sia casuale, ma pianificata dalle ditte produttrici al fine di incrementare i profitti. 
Lo studio ha inoltre dimostrato come i prodotti siano spesso creati in modo tale che la sostituzione del pezzo difettoso sia difficile o troppo costosa, tanto da indurre il consumatore ad acquistare il nuovo prodotto. 
Tale fenomeno è in realtà noto sin dagli inizi del secolo, quando improvvisamente le lampadine iniziarono ad avere vita più breve e le calze di nylon a rompersi più facilmente. Ma è solo negli ultimi anni che l'obsolescenza anticipata sta assumendo dimensioni davvero preoccupanti, con conseguenze devastanti sia per il portafoglio dei consumatori, che per l'ambiente, in quanto comportano uno spreco inutile di materie prime e risorse e generano un'enorme quantità di rifiuti.

Purtroppo non è ancora intervenuta alcuna legge e le aziende continuano a produrre beni la cui vita media è sempre più ridotta (si consideri che fino a trent'anni fa un elettrodomestico durava circa dieci volte di più rispetto ad oggi). E tale circostanza ha favorito il proliferare di nuove tecniche di guadagno per le aziende, come la cosiddetta "estensione della garanzia", che dietro un'apparente convenienza nasconde spesso grandi insidie, in quanto copre solamente alcuni tipi di difetti ad un costo eccessivo. 

Sarebbe a questo punto auspicabile una modifica della normative vigente, che commisuri la  garanzia obbligatoria all'effettiva aspettativa di vita dei prodotti.